Laboratorio di autoprogettazione

Sognare un luogo degli incontri in un’area deserta e degradata si è rivelata un’esigenza di molti per credere nel cambiamento del luogo e di se stessi. L’area della pinetina del Varignano diviene un luogo per progettare insieme un parco cittadino, un luogo di ritrovo per i ragazzi del quartiere. Vennero raccolte testimonianza comune del personale rapporto uomo-carcere e salvate le testimonianza più significative e condivise.

Nacquero pensieri e sentimenti in positivo, di grande ricchezza umana: facendo emergere il bisogno di dignità, di calore, di accoglienza e di libertà. Il lavoro di progettazione doveva partire da una esperienza profondamente vissuta del rapporto tra le persone dell’Araba Fenice e gli spazi di vita. Nessun pensiero di spazio comune doveva nascere se non da una esperienza di spazio profondamente vissuta.

Nessuna esperienza apparve al gruppo più profondamente drammatica e vissuta di quella del carcere. L’entusiasmo e la voglia di sognare portano i ragazzi ad autoprogettare lo spazio, divenendo “architetti” in nuce. Il luogo dell’incontro è stato pensato come una “pagoda” che, nella circolarità delle sue linee, rappresenta un luogo dove le persone possano stare insieme in armonia: il tema del cerchio come simbolo di unione e condivisione.

Da tale disposizione all’impegno comune è nata anche la sicurezza del parco: come frutto di una intensa rete di relazioni – la quale già esprime una terapia di recupero – e di una costante e attiva presenza, per sviluppare il senso di appartenenza non solo a un luogo, ma a un progetto comune, di società e di cultura.

Progetto della “Pagoda” al parco “La Fenice”

E’ stato presentato il giorno 28 Settembre nella sala consiliare del Comune di Viareggio, il libro edito dalla Fondazione Michelucci dal titolo: ” Il parco sociale La Fenice a Viareggio”. Il volume racchiude un lungo lavoro che nasce all’interno del Ser.T e si sviluppa sul territorio, nella considerazione di un’autoprogettazione di spazi degradati: gli spazi di un’area verde abbandonata del quartiere Varignano di Viareggio, riqualificata da un gruppo di ex-detenuti e tossicodipendenti, che hanno concentrato le loro energie in servizi utili alla cittadinanza, tra cui riqualificare l’area.

Metodologia

La metodologia richiama alle linee dell’architettura michelucciana – ad un lavoro sistemico-relazionale, in parte costituito attraverso reti di autoaiuto e mutualità – in cui il protagonismo degli attori si manifesta nel trovare soluzioni originali per abbellire l’area verde e renderla fruibile da parte della cittadinanza. Alla base vi è comunque un difficile lavoro di sostegno concreto e materiale a persone e famiglie completamente sprovviste di mezzi propri per andare avanti, che ha visto coinvolti operatori dei servizi sociali pubblici e privati dei Comuni della Versilia.

LO SPAZIO TERAPEUTICO

La riqualificazione degli spazi degradati si rivela uno spazio terapeutico, che permette di avviare un processo di recupero della persona disagiata: la riqualificazione della propria vita, sembra camminare di pari passo con quella dell’area verde. In altre parole il rendere bella l’area è rendere belli se stessi e permette di trovare la spinta per andare avanti nella consapevolezza di valere come persone, di avere una propria identità e dignità, di sognare cose belle per se stessi e per gli altri. Nasce così, da posizioni partecipate e condivise, l’idea di un giardino che sia di tutti e lo spazio di un luogo dove le persone si possano incontrare in libertà. Centro del progetto la realizzazione di una “pagoda”, costruzione che da una parte richiama architetture lontane, esotiche, ma anche edifici locali del passato. La pagoda rappresenta un luogo dove le persone possono stare insieme anche quando le condizioni meteorologiche non sono buone. L’idea della pagoda nacque dal pensiero di uno spazio degli incontri che doveva simboleggiare la casa – comunicare anche un senso di vita, di libertà e di benessere, di pace e di armonia – aspetti positivi che si contrappongono alla vita di coercizione ed al carcere. Il progetto di riqualificazione, coordinato da Dr.ssa Emma Viviani, e Prof. Silvano d’Alto, ha alla base l’atteggiamento di accoglienza verso ogni cittadino che dovrà incontrare nel Parco un laboratorio sociale, che l’Araba Fenice gestisce come impegno prioritario: per gli incontri liberi, per il gioco, il riposo e la vita nella natura; ma anche per discussioni e gli incontri culturali, per feste comuni, per seminari, per la cura quotidiana del Parco.

RETI DI RELAZIONI

Da tale impostazione e atteggiamento all’impegno comune nascerà anche la sicurezza del Parco: come frutto di una intensa rete di relazioni – la quale già esprime una terapia di recupero – e una costante e attiva presenza: per sviluppare il senso di appartenenza non solo ad un luogo ma ad un progetto comune, di società e di cultura. Il Parco dovrà trasmettere a tutti – sarà un messaggio – questo senso di sicurezza che non nasce dalla complessità degli accorgimenti tecnologici, ma dal valore della vita di relazione prodotta all’interno della vita del Parco e nella relazione con l’esterno. Tale esperienza viene presentata in un’ottica di sostenibilità, di nuova ‘frontiera’ della riflessione ambientale ed urbanistica, dove il concetto di frontiera nelle zone periferiche, diviene il paradigma di luoghi di ‘povertà’ e dell’esclusione sociale che anziché rimanere confinati in ghetti urbani, vengono valorizzati come risorsa nell’ambito dell’integrazione e della crescita della città.